Ius soli: il cortometraggio ‘Un milione di italiani (non sono italiani) di Maurizio Braucci, proiettato al Laboratorio di Cinema dell'Università L'Orientale di Napoli promosso dal CLAOR in collaborazione con VED Tv Cinema per video essay

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LABORATORIO DI CINEMA presso il CLAOR - UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI NAPOLI L'ORIENTALE.

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Ius soli: il cortometraggio ‘Un milione di italiani (non sono italiani) di Maurizio Braucci, proiettato al Laboratorio di Cinema dell'Università L'Orientale di Napoli promosso dal CLAOR in collaborazione con VED Tv Cinema per video essay

Un rigido inverno è alle porte. No, non è l’ennesimo evento climatico determinato dal ‘climate change’ per effetto del ‘global warming’ bensì lo scenario che attende il nostro Paese nei prossimi 10 anni quando la platea delle persone in età lavorativa (15-64 anni) diminuirà di 3 milioni di unità. Le ragioni di questo crollo vanno ricercate appunto nell’inverno demografico, ossia il progressivo aumento dell’età media della popolazione in conseguenza sia dell’allungamento della aspettativa di vita sia del decremento del tasso di natalità, con molti territori, soprattutto al Mezzogiorno, che andranno incontro a un vero e proprio  “spopolamento”. Una prospettiva che non può non preoccupare il governo che, infatti, corre ai ripari annunciando iniziative e misure strutturali per incentivare la natalità.

Ma, come insegnava Platone, per ogni problema esistono tre soluzioni: la mia, la tua e quella giusta. Ebbene, in questo caso la soluzione ideale è a portata di mano, una soluzione che, oltretutto, riparerebbe a un grave torto: riconoscere anche legalmente come cittadini italiani quel milione di immigrati di seconda generazione che di fatto già lo sono - tanto da aver assorbito gli usi, i costumi, la lingua del nostro Paese e perfino il dialetto delle realtà in cui vivono - ma che non lo sono per la legge fino al compimento del 18° anno di età quando una formale lettera li informa che possono iniziare l’iter burocratico per richiedere e poi ottenere la cittadinanza italiana.

Una situazione kafkiana quella che vivono tanti figli di immigrati sospesi in un limbo in cui vivono, crescono, studiano, lavorano e condividono gli stessi sogni dei loro coetanei italiani ma che per lo Stato italiano sono dei ‘fantasmi’ fino ai 18 anni, con le inevitabili spiacevoli conseguenze tra discriminazioni, rinunce (le gite scolastiche in quanto non in possesso della carta d’identità) e noie burocratiche (il continuo rinnovo del permesso di soggiorno).

Una dissociazione esistenziale che sperimentano anche Fatima e Sara, le due protagoniste del corto “Un milione di italiani (non sono italiani)” di Maurizio Braucci, cosceneggiatore degli acclamati “Gomorra” di Matteo Garrone e “Martin Eden” di Pietro Marcello, che ha inaugurato la mini-rassegna di corti incentrata sul multiculturalismo, momento clou del Laboratorio di Cinema, attivato presso l’Università  “L’Orientale”, che vede il Prof. Giuseppe Balirano, Delegato del Rettore per il lifelong learning e multimedialità nonché Presidente del CLAOR, il Centro Linguistico di Ateneo de ‘L’Orientale’, come docente responsabile e il Prof. Francesco Giordano nelle vesti di docente esperto.

Musical, documentario a sfondo sociale-politico, docu-musical, esempio di ‘pubblicità progress -  come esplicitato dallo stesso Braucci nel corso dello stimolante dibattito con gli studenti del Laboratorio che è seguito alla visione del suo corto: tante le definizioni per il piccolo ‘gioiello’ di Braucci che ibrida tanti generi e che, pertanto, in ciò è una sottile allegoria di quel mosaico di culture che è sempre più anche la società italiana.

Allegoria che si disvela compiutamente nella sequenza finale del corto, la jam session in cui Fatima e Sara, aspiranti rispettivamente cantante e musicista, si cimentano in un brano della tradizione canora dei loro Paesi d’origine e in grande classico del repertorio della musica napoletana fondendo melodia partenopea e armonie orientaleggianti per un riuscitissimo sincretismo musicale che è la colonna sonora di una società autenticamente multiculturale; quella in cui gli immigrati sono cittadini con pieni diritti che si integrano nella società che li accoglie senza tradire le loro origini e in cui l’identità nazionale si rafforza includendo e non espellendo il ‘diverso’.

Insomma, il corto di Maurizio Braucci è un sasso lanciato nelle acque stagnanti del dibattito politico da cui è stato espunto  il tema dello ‘ius soli’ -  il diritto in virtù del quale si concede la cittadinanza italiana a chiunque nasca nel territorio italiano indipendentemente dalla nazionalità dei suoi genitori – per responsabilità di una destra che spinge sul pedale dell’identità per scongiurare il presunto rischio della ‘sostituzione etnica’ e una sinistra troppo timida per il timore di perdere quote di consenso. Ma, riecheggiando il celebre monito di Massimo D’Azeglio all’indomani del processo di riunificazione del Bel Paese, “abbiamo fatto l’Italia, ora dobbiamo fare gli italiani”, non è più rinviabile l’incardinamento nel nostro ordinamento giudiziario per ‘fare i prossimi italiani’, quel ‘milione di italiani che non sono italiani’ che, tra l’altro, ci salverà dall’inverno demografico.

LUIGI PASQUARIELLO, VALENTINA SORIA ufficio stampa Laboratorio di Cinema

SARA PETRACHI, foto, riprese e montaggio - stagista VED in conv. Università L'Orientale di Napoli

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