NAPOLI – “Penso che tra architettura e cinema ci sia un legame forte, non solo quello pragmatico del fatto che il cinema si svolge in uno spazio, lo spazio in cui si svolge l’azione ma anche uno spazio che viene ricreato dall’emozione, dal tipo di soggetto, dallo sviluppo della trama. Uno spazio che è funzionale alla storia del film, alla sua ragione psicologica, mentale e anche storica. Di conseguenza non è questo un rapporto banale come quello delle riunioni pedagogiche dei cineclub o delle scuole ‘cinema e gioventù’, ‘cinema e disoccupazione’, ‘cinema e qualsiasi cosa’, è un legame strutturale e linguistico”. Così alla Dire Valerio Caprara, critico cinematografico, che ha partecipato all’undicesima edizione di Arkeda, Salone dell’architettura, edilizia, design ed arredo organizzato da Progecta, che si è aperta ieri alla Mostra d’Oltremare di Napoli e proseguirà fino a domani.
“Da questo punto di vista – prosegue – basta pensare che uno dei film recenti, che a me personalmente non ha convinto, ma che è un film importante, Megalopolis di Francis Ford Coppola che è tornato al cinema dopo tanti anni, è basato proprio sullo stesso principio di costruzione linguistica della realtà, dello spazio e quindi di dove noi viviamo, del grande Metropolis, che è il primo film importante, il grande film muto di Fritz Lang sulla costruzione della città ideale. Ecco: città, architettura, cinema, spazio urbano, territorio sono tutti elementi che nel cinema non sono di supporto, non sono corollari, ma fanno parte della natura del cinema stesso, che è un’arte o un’ex arte chiave del Novecento, che non va confusa con altre arti che sono nobilissime ma diversissime, come la letteratura, il melodramma, la pittura e così via”.
Per Caprara è la seconda partecipazione ad Arkeda: “Ho partecipato – evidenzia – già l’anno scorso e quest’anno con rinnovato interesse a questa manifestazione. Forse proprio perché non è la mia, nel senso della categoria stretta, io partecipo solo a riunioni, a manifestazioni noiosissime di critica cinematografica, magari senza vedere i film che è il peccato mortale di qualsiasi dibattito sul cinema”.
(Fonte Agenzia DIRE www.dire.it)