“Il Cinema come Linguaggio Universale: il Successo dei Video Essay del Laboratorio di Cinema dell’Orientale Premiati al Festival delle Lingue”
Grande partecipazione al Festival delle Lingue che per tre giorni, dal 26 al 28 settembre scorsi, ha visto l’Università “L’Orientale” aprire le porte delle sue storiche sedi agli studenti, ai visitatori e ai curiosi. Tra gli eventi del ricco e variegato cartellone che più hanno catturato l’attenzione dei convenuti la proiezione dei video essay degli studenti del Laboratorio di Cinema.
A fare gli onori di casa e a introdurli il Prof. Giuseppe Balirano, Delegato del Rettore per il lifelong learning e multimedialità nonché Presidente del CLAOR, il Centro Linguistico di Ateneo de ‘L’Orientale’, che, insieme al Prof. Francesco Giordano, nelle vesti di docente esperto, ha ideato e organizzato il suddetto Laboratorio.
I giurati Valentina Soria e Luigi Pasquariello, che hanno anche curato l’ufficio stampa del Laboratorio, hanno premiato Sofia Lillo e Federica Sofia Pinto in quanto il loro lavoro, la recensione de “Il mare che muove le cose” di Lorenzo Marinelli, sorretto da una sceneggiatura ben definita, si configura quasi come un vero e proprio cortometraggio. Ma tutti i video essay realizzati dagli studenti sono meritevoli di menzione in quanto tutti hanno centrato l’obiettivo di recensire per immagini uno dei cinque titoli che hanno animato la mini-rassegna cinematografica che ha cadenzato il ‘secondo tempo’ del Laboratorio.
Scommessa vinta, quindi, quella dei Professori Balirano e Giordano che hanno coraggiosamente ed entusiasticamente accolto il suggerimento di Luigi Pasquariello di optare per la prova finale in luogo del tradizionale elaborato scritto per il format del video-essay in modo da offrire agli studenti la possibilità sia di mettere in pratica quanto appreso durante il modulo laboratoriale teorico sia di attingere alla loro vena creativa.
Insomma, un Laboratorio di Cinema ‘open space’ come gli isolati di Barcellona che perdono la loro forma a croce per dilatarsi in piazze ottagonali, formate da angoli smussati agli incroci, che punteggiano il tessuto urbanistico e che costituiscono il ‘soffio vitale’ del capoluogo catalano ridisegnato, nella seconda metà dell’Ottocento, dall’ingegnere Ildefonso Cerdà.
Come scrive l’urbanista e architetto Elena Granata nel saggio “Placemaker”, “lo smusso genera quelle tipiche piazze alberate e accoglienti che determinano l’anima urbana di Barcellona; quelle piccole, raccolte, variegate piazze urbane ottagonali costituiscono il suo ritmo, sono il suo respiro pubblico, sono la sosta tra le case, lo spazio aperto di prossimità”.
Dunque, un Laboratorio, quello dei Professori Balirano e Giordano, che si struttura come una raccolta, accogliente piazza aperta e priva di barriere in cui liberamente fluisce l’energia creativa da chiunque promani, dai docenti, dagli ospiti, dai collaboratori e dagli studenti.
Ospite d’onore del suo epilogo Nando Paone – straordinario protagonista del corto “Il mare che muove le cose” cui regala un personaggio disegnato con pochi ed essenziali e tratti come solo gli attori di razza sanno fare – che ha dialogato con il regista Maurizio Giordano. In collegamento dalla Francia, giusto per un saluto, è intervenuto anche lo sceneggiatore Maurizio Braucci.
Poi l’attore napoletano, con alle spalle un’esperienza nel mondo dello spettacolo quasi cinquantennale, nel suo intervento ha esortato gli studenti a coltivare il loro sogno di lavorare nel mondo del cinema nonostante le difficoltà connaturate a professioni che troppo spesso si rivelano precarie, anzi, un vero e proprio salto nel buio, e le inevitabili sollecitazioni dei familiari a preferire a loro la sicurezza del posto fisso. Anche perché, come ha sottolineato, proprio per aver scelto di diventare un attore non si è smarrito, si è, quindi, salvato mentre altri suoi compagni e conoscenti si sono persi per strada.
Parole, quelle di Nando Paone, che riecheggiano quelle che il protagonista del film forse più autobiografico di Pedro Almodovar, “Dolor y gloria”, interpretato, manco a dirlo, da Antonio Banderas, quasi una sorta di alter ego del cineasta spagnolo, pronuncia al culmine di un monologo: “Il cinema mi ha salvato”. Già, proprio così, l’arte può essere anche salvifica.
Ma oggi, purtroppo, tra tagli ai fondi che finanziano il progetto “Cinema e Immagini per la Scuola” e i paletti sempre più stringenti per l’accesso al tax credit è proprio il cinema che va salvato. Consola solo il fatto che fin quando ci saranno Laboratori come quello dei Professori Balirano e Giordano, almeno la passione per la Settima arte non si spegnerà mai.
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