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VED Cinema & Tv : 

LABORATORIO DI PRODUZIONI AUDIOVISIVE, TEATRALI E CINEMATOGRAFICHE – Prof. Francesco Giordano

INCONTRI, LABORATORI, PROIEZIONI, DIBATTITI E SEMINARI DI INNOVAZIONE E SPERIMENTAZIONE PER LA PROMOZIONE E LA DIFFUSIONE DEL CINEMA E DEL COMPARTO AUDIOVISIVO.

Porre l’accento sui diritti inalienabili, squarciare silenzi, stimolare la riflessione sul recupero e sul destino degli internati e sulla condizione più generale delle carceri, provando ad abbattere i muri tra il dentro e il fuori, costruendo ponti, ridestando le coscienze civili dal torpore. Tutto ciò ma anche tanta sperimentazione tecnica nel racconto verità “Le stanze aperte”, docufilm diretto da Francesco e Maurizio Giordano, prodotto dall’associazione culturale Ved, che è stato presentato nell’ambito dell’ultimo appuntamento aperto al pubblico del ciclo di incontri-lezione, formula ideata dal professore Francesco Giordano, per il laboratorio di produzioni audiovisive teatrali e cinematografiche della Facoltà di Scienze Politiche, presso l’Università Orientale di Napoli.

La proiezione è inserita nel percorso laboratoriale sullo studio delle produzioni indipendenti allo scopo di presentare un film non convenzionale, che dal punto di vista del linguaggio filmico e dei contenuti, diventa oggetto di studio e ricerca sperimentale di una nuova espressione docufilmica, che tenta la strada del documentario alternativo, coniugando singolari abilità registiche con sapienti interventi di post produzione e vita reale. Un film che si snoda su un doppio filo narrativo, reale e sceneggiato ma pur sempre partendo da storie vere, le vite interrotte degli internati dell’ex Opg di Secondigliano, dove nel 2009 ebbe luogo il trasferimento dei detenuti dalla sede di S. Eframo, ritenuto inagibile fino alla definitiva chiusura degli Opg per legge nel 2013 ma nei fatti prorogata diverse volte. 

La sceneggiatura è affidata a Giuliana Del Pozzo che a telecamere accese e in qualità di documentarista si è introdotta nell’edificio entrando in contatto con i protagonisti per poter apprendere le vicende quotidiane di una realtà separata dal reale da un perenne muro. Dalla testimonianza raccolta ha costruito un filone narrarivo che parte dall’apporto quotidiano dei detenuti all’interno del carcere, ma arriva alla possibilità insieme invocata e temuta di un ritorno a casa, con tutti i cambiamenti emotivi che ciò comporterà e come ben mostra il film a dominare all’esterno è la disgregazione delle relazioni sociali e in primis familiari a cui la condizione di internato condanna.

Fondamentale il ruolo guida dell’attore Vincenzo Merolla, unico interprete professionista, che ha trascorso molte ore del giorno con i detenuti, nelle celle, provando a capire il limite della loro libertà, confrontandosi con l’ alterità che in quanto tale fa paura.
Il docu-film che ha ricevuto il premio “Parole immagini suoni. Squarciare i silenzi” si può leggere, proprio come la condizione dell’internato interpretato da Merolla, in un’ottica universale, come lavoro sul tema dei diritti negati e del diverso in un momento storico in cui l’interconnessione globale e i fenomeni contemporanei ci impongono di relazionarci alla diversità. Un film che con sensibilità e professionalità dà voce al silenzio e assume, nei momenti più alti un aspetto onirico, spiazzante, dovuto all’uso della poesia e di musiche sinfoniche classiche, in rapporto ad un contesto affatto armonico.

Vincenzo Merolla non interpreta dunque uno specifico personaggio, non ha una fisionomia psicologica e relazionale propria, ma tra realtà, follia e sogno, incarna metaforicamente una condizione universale e insieme segno dell’anonimato a cui sottostavano gli internati, nient’altro che numeri. Una scelta di regia e di contenuto ber spiegata da Maurizio Giordano, che ha raccontato aneddoti del film molto particolari e inimmaginabili all’esterno spiegando poi la scelta di utilizzare un attore professionista nelle vesti di internato che attraverso la falsità potesse avvicinarsi alla verità, quella del vissuto interiore di un recluso, che però non potremmo mai conoscere veramente. Giordano, pungolato dai ragazzi, si è soffermato anche sulle dovute scelte di regia e di riprese vincolate ai limiti del dover girare in un luogo soggetto a massime restrizioni, tanto che alcune scene girate sono state tagliate in fase di post-produzione.

Nel corso della presentazione del docufilm è intervenuto anche Stefano Martone, attuale vice direttore del carcere di Poggioreale ed ex direttore dell’Opg di Secondigliano, che ha sottolineato come il cinema ha valore terapeutico all’interno delle strutture carcerarie ma anche un valore di messaggio alla società per favorire un’apertura mentale. Martone ha raccontato agli studenti la sua esperienza nell’ex Opg, da direttore “illuminato” che di giorno permetteva l’apertura delle celle del piano superiore, da cui il nome del film suggerito da un internato e che ha sempre provato ad evitare pratiche molto dure, invasive e irrispettose della dignità umana, che solitamente riguardavano le realtà degli ospedali psichiatrici giudiziari come i letti di contenzione. 

La realtà degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari ora è stata superata dalle cosiddette Rems “Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza” affidate al Servizio Sanitario nazionale e territoriale. La questione anche alla luce della carenza di personale oltre che di risorse resta complessa.

Durante l’incontro è stato presentato anche il libro della giornalista Valentina Soria “La Leadership nella Pubblica Amministrazione. Il caso del Penitenziario di Lauro”, edito da Europa Edizioni, che mostra un esempio virtuoso di realtà carceraria, in provincia di Avellino (ora divenuto un ICAM, Istituto a Custodia Attenuata per madri detenute), in cui vengono portate avanti attività trattamentali e di recupero, che puntano anche a risanare le relazioni familiari e sociali, in un ambiente sano e stimolante fondato su una leadership condivisa e in cui si concepisce il carcere come un’impresa creativa che possa restituire alla società soggetti che hanno acquisito competenze e soggettività, abbassando notevolmente il tasso di recidiva e quindi i costi conseguenti oltre all’insicurezza sociale e al governo politico della stessa. Puntare quindi sull’agire creativo, sulla formazione e sull’empowerment, ovvero la consapevolezza di sè, sembra essere la formula vincente.

Un incontro, l’ultimo del ciclo, che ha appassionato ma anche turbato gli studenti, spronati a confrontarsi con la realtà degli ex Opg e delle carceri  e stimolati così verso una riflessione più ampia sul senso dei diritti negati, sulle effettive condizioni di detenzione, sulla necessità di documentare determinate realtà ma anche sulle enormi difficoltà burocratiche e legislative in Italia, nonché sui limiti pratici e oggettivi, che hanno condizionato lo stesso docufilm “Le stanze aperte” e qualsiasi prodotto audiovisivo che affronti il tema in questione o che si pensi girato in una realtà quale quella carceraria o addirittura con detenuti attori. 

Un’esperienza quella del laboratorio di produzioni audiovisive teatrali e cineamtografiche che si conferma un’eccellenza, voluta e portata avanti dal professore Francesco Giordano, non senza difficoltà, ma con tanta passione e motivazione, quella che riesce a sviluppare e far emergere nei ragazzi, spinti a confrontarsi con professionisti del comparto e a scoprire inclinazioni che spesso non sapevano di possedere. L’auspicio di Giordano è di potenziare il laboratorio, che è a numero chiuso ma le richieste di partecipazione degli studenti sono sempre in aumento a conferma del grande interesse suscitato.

§VEDTV – Valentina Soria

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